Una scazzottata intergenerazionale
Mio marito era il ritratto di suo padre: non li si distingueva, guardando le loro foto alla stessa età, se non per il bianco e nero e la foggia dell’abbigliamento; entrambi nati e cresciuti in quella Via.
Fino a pochi decenni fa, i milanesi tendevano a restare abbarbicati per un’intera vita nella stessa via e i figli che si sposavano cercavano casa nel rione dei genitori; le generazioni si inseguivano come grani di un rosario uniti dalla stessa catena e i ragazzini rinnovavano l’amicizia – o l’inimicizia – dei padri.
Allora, i quartieri erano come paesi: ci si conosceva tutti, magari si spettegolava ma ci si aiutava, qualche volta ci si divertiva e la gente di un rione formava una comunità reale, che forse noi oggi tentiamo di recuperare creando sul web comunità virtuali.
Da tempo immemorabile e fino a non molti anni fa, i rampolli si riunivano in gruppi per Vie, che rivaleggiavano e spesso ingaggiavano sfide, qualche volta non proprio… pacifiche.
Si era alla fine degli anni ’60, nella mitica Porta Romana; i ragazzini della Via Adige vennero a provocare quelli della Via Mantova e finì a botte; i padri scesero per dividerli e la stessa cosa fecero quelli dei ragazzi della Via Adige, di modo che gli adulti delle due vie si trovarono di nuovo faccia a faccia per difendere i rampolli e si riattizzò l’antica rivalità. Finì in un parapiglia generale: i figli continuavano a picchiarsi e i loro predecessori presero a fare lo stesso, poi scesero le madri a dividerli, ma si accapigliarono tra loro. Il vecchio Negri, sentendo gli schiamazzi, si affacciò al balcone e invece di unirsi alla scazzottata, per metter fine a quel pandemonio prese il fucile da caccia e sparò un colpo in aria. Lo stratagemma sortì l’effetto sperato: le due generazioni si divisero alla svelta perché era logico aspettarsi un giretto della Volante: a Milano non era cosa di tutti i giorni un colpo di fucile, se pur sparato in aria.
A raccontarla, sembra un episodio tratto da un romanzo di Guareschi, eppure andò proprio così. Del resto, fino agli anni ’70, i rioni milanesi erano tanti “Mondi Piccoli” e, forse, migliori del nostro, globalizzato e impersonale. I vicini non erano degli estranei come oggi: quanti di noi sanno a malapena il nome del dirimpettaio? Figuriamoci quelli che abitano agli altri piani. La gente aveva meno soldi ma molta più umanità. Mi accorgo che avrei voluto scrivere “cuore” al posto di umanità, ma ci siamo disabituati persino a chiamare con il suo nome quel sentimento di fratellanza che avvicinava le persone e che pare essersi perso ormai, insieme a tante altre cose, buone e cattive.

(…Oggi sono otto mesi che sei volato via, amore mio, ma non voglio celebrare mesiversari o anniversari umidi di pianto: “rammenta lieto il tempo che fu nostro”, ci insegnò un Uomo che entrambi amammo tantissimo; fedele alla consegna, ti tengo in vita raccontando un episodio divertente della tua avventura sul pianeta)

Nel prossimo episodio: la bomba di miccette
- Sul mio amico Fano e sull’arte della conquista - Gennaio 4, 2021
- L’anno che verrà - Gennaio 1, 2021
- Ancora non ci credo - Dicembre 23, 2020
7 risposte su “I RAGAZZI DELLA VIA MANTOVA – la nuova generazione”
Eccomi qui con te, Barbara mia! Anche se, come ora, appena terminato di leggere questo bel Post…mi sento di dire “bimba nostra”! Mi riferisco , con quet’espressione, all’amore dolce e protettivo che Dario ha sempre nutrito per te, che per lui hai rappresentato nella sua vita ( parole sue veh! in una delle pochissime volte che ha speso qualche parola con me ). Infatti per Dario sei sempre stata “la sua bimba bella” che ha amata finchè ha avuto vita e che – in un altro momento racconterò come – continua ad amare con la stessa forza. Infatti quasi ogni giorno sia tu che io abbiamo piccole o grandi manifestazioni della presenza del suo Spirito, che possiamo benissimo chiamare AMORE poichè proprio questo sentimento umano ha il potere di travalicare tempi e spazio…
E’ stato l’unico uomo che abbia mai avuto sentimenti protettivi però ha saputo nasconderli molto bene, perché mi chiamava “il suo rottweiler”, visto che sono collerica e rissosa. E’ stato un privilegio essere tanto amata… ed è stato pienamente ricambiato. Non accetto questa perdita e non l’accetterò mai. Aspetto solo il momento di ritrovarlo
ah! ah! stò sorridendo…ma è con me e forse solo con me- sua suocera – che qualche volta Dario, ed a labbra strette, mi ha confessato quel suo senso di protezione …anche se forse a te non l’ha manifestato: immagino che come tutti i sentimenti più profondi, in Dario, dovessero restare segreti! Ma io ero per lui “mamma due” e…quando se la sentiva, poteva lasciarmi sbirciare un attimo nella sua Anima
Bellissimo ricordare DARIO 😥
Lo farò tutta la vita, come dice un amico di penna che vive lo stesso inferno, dobbiamo vivere per testimoniare la loro vita
Continua….
Brava
M. Cristina
Si Maria Cristina, ccontinuo. Grazie 🙂