E’ da stamani che li aspetto! Gli “S-ciucarein” di Dozza! Ed eccoli, mentre il gruppo colorato dei bei costumi antichi, risale la via principale del minuscolo borgo .
Sono tutti giovanissimi, ed appaiono belli, i velluti scintillanti e le camicie candide che spuntano dalle giacchette corte. Nella mano destra impugnano le lunghissime antiche fruste che fra poco, sul breve piazzale accanto al Municipio, faranno schioccare a tempo: una musica fatta solo d’aria, cadenzata, che sale e gioca, da loro alle tante persone che li hanno accompagnati fin qui.
…Già di primo mattino, mi sono alzata, vestita, truccata meglio che posso: voglio presentarmi nella forma migliore! Non ho nessuna idea di cosa mi aspetti! Stamani Arturo Vergagni – il pittore – mi aspetta presso il suo studio, ed andremo assieme al comando della Stazione dei Vigili del fuoco, a Milano.
Oggi ricorre la festività di Santa Barbara, (la loro santa protettrice) e quest’anno hanno invitata anche me, assieme al pittore, per una speciale cerimonia. Mentre aspetto che Vergagni finisca di vestirsi – bello e profumato, tutto azzimato in un convenzionalissimo abito blu – ammiro la grande tela che ha preparato come omaggio per l ‘Arma: colori…colori fiammeggianti e vivaci, com’è nel suo stile.
Siamo quasi amici d’infanzia, quasi fratelli. Lui nella vita fa l’attore e il regista, è un bravissimo fotografo e sarebbe un ottimo sceneggiatore ma non si impegna nel piazzare le sue storie. Era diventato amico anche di mio padre, per anni condivisero le tavole del palcoscenico. Peccato che ora che papi non c’è più, per rispetto non mi faccia la sua parodia: gli riusciva benissimo…
Fano è un artista e (quindi?) un folle: lo dico sul serio. Un genere di follia che te lo fa amare. E’ capace di grande tenerezza e sorride sempre: non l’ho mai visto alterarsi, ovvero il suo modo di alterarsi è estremamente pacato. Gioca sempre: il suo bambino interiore non solo è vivo e vegeto, ma pure coccolato e alimentato ed è adorabile. Si, ecco, questo forse è il suo tratto caratteristico: vive la vita come un gioco, con la saggezza e la cultura della gente del Sud.
Non so perché oggi, e non ieri. Non perché ora e non in altre ore: perché oggi ripenso a te, amore mio che non sei più!
Eppure, quante lacrime ho versato; quanti sospiri e quanti rimpianti ho seminato in una vita lunga: ormai, troppo lunga.
Non so oggi, perché! Forse la risposta l’ho trovata proprio pochi minuti fa sul piccolo schermo del televisore e mi sono emozionata, ascoltando una bella voce e vedendo esprimere dall’artista copia delle emozioni che anche tu, lontano amore mio, sapevi esprimere così bene.
Come iniziare un raccontino parlando di mille anni fa? Beh! non proprio mille…ma è come se ne fossero trascorsi più di cento, almeno per me! Sapete di che parlo, non è vero? Di uno di quei progetti che – come tanti di poi – non si sono avverati del tutto… eppure…eppure continuano ad avere un posto in prima fila, laggiù, nello scrigno dei tuoi ricordi.
C’era una volta, proprio sul greto del fiume Santerno ad Imola, una grande polla d’acqua sorgiva. Bella a vedersi ma…meno a sorbirla – con religiosa e coraggiosa fierezza – perché…”faceva bene”! Ma è acqua solforosa, ed a dirla tutta, “puzza”! Puzza davvero come di uova marce!
Ho iniziato a fare il presepe quando la mamma ha disfatto la casa dei nonni: allora le chiesi le statue sopravvissute ai vari traslochi; i personaggi principali, più grandi, sono alti 20 cm. La mia intenzione era quella di proseguire la tradizione dei un vero presepista (lui si che poteva fregiarsi di tale titolo…) in memoria e in onore del nonno, al quale devo tanto: il meglio di me.
I suoi presepi fantasmagorici sono impressi nella mia memoria e così ho deciso di continuare a far vivere le statue che avevano accompagnato la vita della nostra famiglia, insieme a quelle dei miei suoceri, più piccole, che da anni giacevano inutilizzate: da allora, due infanzie felici sono unite nel diorama natalizio.
2005, quando volli farlo grande perché ero rediviva: l’anno prima non avevo potuto farlo perché ero gravemente ammalata e finii in ospedale, in terapia intensiva: disperavano di salvarmi, ma io avevo ancora da fare e li sorpresi.: tornai a casa il primo giorno di primavera e a dicembre decisi che per compensare l’anno precedente, l’avrei fatto…doppio.
…ed altri che sono impressi nella mia memoria e nel mio cuore
Ancora una volta è Natale!
Già! Ancora una volta è Natale! Ne sono passati tanti e me li ricordo tutti, o quasi. Ma quello che mi rammento più di altri, è il primo della mia vita.
Avevo forse due o tre anni e mi rivedo, piccina piccina mentre, ancora assonnata, zampetto verso la saletta da pranzo perché mi hanno svegliata:
Lo temevo. Stanotte il cuore era una farfalla impazzita che fremeva nel mio petto e voleva uscire da quella gabbia per raggiungerti: 110 battiti non sono bastati per riuscire a fuggire, magari uno dei prossimi anni farà meglio e uscirò da questa commedia danzando al ritmo del mio cuore folle dal dolore, anelando di ricongiungersi al tuo.
Avrei voluto scrivere un post sorridente ricordando il nostro viaggio di nozze e il primo anniversario, ma non ci riesco… avrei voluto scrivere del mio dolore ma non posso ridurre in parole quello che sento: sarebbe come tentare di far entrare il mare in una buca.
Forse quando si placherà la tempesta, se mai si placherà, del distacco. Metà di me mi è stata strappata a forza e non so quando, e se, smetterà di sanguinare.